Quando si parla di vintage, ancora in molti evocano l’immagine di tristi mercatini dell’antiquariato e bancarelle polverose. La verità è che sono sempre di più i negozi che vendono articoli di seconda mano: tra piccoli negozietti ed autentiche boutique di lusso in cui scovare dei veri tesori del passato. Il “thrift shopping” è ormai diventato un fenomeno mondiale, dando vita a circoli di acquisto e rivendita di autentici pezzi da museo.
Anche sul web i siti in cui poter trovare questi piccoli tesori sono tantissimi: Etsy, Asos marketplace, 1stdibs per citarne alcuni (qui la classifica dei migliori secondo Marieclaire) con un ampissima selezione di capi d’abbigliamento ma anche gioielli ed accessori.
Secondo i calcoli, ogni secondo viene sprecata una quantità pari a circa un camion di vestiti, ed è stato stimato che in Italia circa l’80% degli indumenti che acquistiamo non vengono poi utilizzati, sintomo di un accumulo ossessivo: non per altro il fast fashion è stato definita la moda degli sprechi.
Ma non si tratta soltanto di un desiderio altruistico: La caccia all’oggetto speciale e l’orgoglio di essere in pochi -se non gli unici- a possederlo, rendono lo shopping vintage molto più entusiasmante del normale acquisto.
È anche un modo di personalizzare il proprio stile e renderlo unico. Perché gli abiti sono si una necessità quotidiana, ma allo stesso tempo anche un’importante espressione della propria individualità, e cercare il vintage permette di poter indossare dei pezzi con una storia. Vecchi maglioni, occhiali e cappotti che chiedono di essere reinterpretati secondo il proprio stile personale: un modo di differenziarsi dai dettami del mercato che spinge invece all’omologazione.
Il mio consiglio? date prima un’occhiata alla cantina della nonna, quello rimane il mio negozio preferito: li si che ho scovato dei tesori inaspettati (fortuna che lei non ha mai buttato via nulla!).
Viva Vintage
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